ARCANGELA FILIPPELLI
Nata a Longobardi il 16 marzo del 1853 (anche se è stata registrata in Comune il 17 marzo successivo). Suo padre Vincenzo Filippelli era un bracciante agricolo mentre sua madre, Domenica Pellegrini, filatrice. nello stesso giorno ha ricevuto il Santo Battesimo. Ha vissuto in una piccola frazione chiamata Timpa. La sua famiglia povera, ma molto religiosa, viveva dei lavori della terra e di quanto la madre riusciva a realizzare con la sua arte. Le notizie sulla stima per la famiglia, i buoni costumi morali e religiosi, vengono fuori dal processo penale celebratosi, davanti alla Croce d'Assise di Cosenza in occasione della morte violenta della fanciulla che si concluse il 17 maggio 1869. Era una famiglia che frequentava la parrocchia, assidua ai saacramenti e che viveva con devozione le feste e i momenti religiosi. il 7 febbraio 1869, domenica di Carnevale, Arcangela fu incoraggiata dalla madre ad andare con le amiche a raccogliere legna in un bosco privato. A loro si unì, con cattivi intenti, il figlio di Arcangelo Provenzano, detto "lucifero", Antonio di 22 anni, detto "facione" a causa del suo comportamento cattivo, fratello delle amiche di Arcangela. Il giovane era interessato alla rgazza tanto che più volte aveva cercato di insidiarla.
Antonio guidò le ragazze nel bosco e le aiutò a preparare la legna con una scure che si era procurato. Dopo aver legato bene le fascine delle sue tre sorelle passò a quella di Arcangela che legò in maniera sommaria. Con una stratagemma la fece restare ultima della fila in maniera che alla riapertura della fascina la legna cadesse tutta a terra. L'uomo guadagnò così del tempo e incoraggiando le sorelle a proseguire, si offrì di aiutare la ragazza. Approfittando della situazione mise in atto il suo progetto e cercò di insidiare la ragazza che impaurita per i tentativi di violenza fuggì nel bosco, invocando l'aiuto del Cielo. Negandosi all'uomo gridò che era peccato e che "la Madonna non vuole queste cose". L'uomo la raggiunse su un'altura nei pressi di un albero al quale la ragazza si era aggrappata per resistere alla violenza. Antonio, dopo aver tentato invano di violentarla, con sadica rabbia, estrasse la scure e le amputò prima mani e piedi, poi si accanì su di lei dilaniandole il corpo con oltre cinquanta colpi di scure. Alcuni contadini udirono le grida, ma non ebbero il coraggio di avvicinarsi nella zona per il buio e la fitta nebbia. Anche le sorelle di Antonio rimasero nascoste per paura; solo successivamente riferirono l'accaduto e raccontarono che prima di morire la ragazza disse, invocando la Vergine Maria, "morta si, ma non mi farò toccare mai da te". A sera i genitori, preoccupati del non rientro di Arcangela, allarmarono parenti ed amici; ma il comportamento omertoso di Antonio, delle sorelle e di qualche contadino, non portò alla scoperta del corpo. Antonio, che si mise a capo del gruppo per le ricercheh della giovinetta fece in modo di confondere le acque . Ci volle il giorno seguente, quando un bracciante, Pasquale Cavaliere, ritrovò il corpo ed avvertì le autorità ed i parenti . I sospetti caddero subito su Antonio che, individuato, fu arrestato dalle guardie sul posto di lavoro dove si era recato per costruirsi un alibi. Ai funerali della sedicenne partecipò tutta la popolazione e anche persone dei paesi vicini. Il suo corpo fu tumulato nel piccolo cimitero di Longobardi. Immediatamente fu avviato il processo penale davanti alla Corte d'Assise di Cosenza, nel quale condannarono a morte Antonio Provenzano. L'uomo morì prima dell'esecuzione della sentenza per cancrena nelle carceri di Cosenza il 5 agosto 1872. La tomba di Arcangela divenne presto meta di pellegrinaggio e, per questo motivo, il suo corpo fu traslato, con il permesso del Vescovo di Tropea, nella chiesa di San Francesco dove venne anche collocata una lapide.Ancora oggi il suo sepolcro viene visitato e venerato dai longobardesi e da gente dei paesi vicini. Sul posto del martirio, il 22 settembre 1973, fu eretta una monumentale Croce e, collocata una lapide ricordo,
benedetta dall'Arcivescovo di Cosenza monsignor Enea Selis. A sera i genitori, preoccupati del non rientro di Arcangela, allarmarono parenti ed amici; ma il comportamento omertoso di Antonio, delle sorelle e di qualche contadino, non portò alla scoperta del corpo. Antonio, che si mise a capo del gruppo per le ricercheh della giovinetta fece in modo di confondere le acque . Ci volle il giorno seguente, quando un bracciante, Pasquale Cavaliere, ritrovò il corpo ed avvertì le autorità ed i parenti . I sospetti caddero subito su Antonio che, individuato, fu arrestato dalle guardie sul posto di lavoro dove si era recato per costruirsi un alibi. Ai funerali della sedicenne partecipò tutta la popolazione e anche persone dei paesi vicini. Il suo corpo fu tumulato nel piccolo cimitero di Longobardi. Immediatamente fu avviato il processo penale davanti alla Corte d'Assise di Cosenza, nel quale condannarono a morte Antonio Provenzano. L'uomo morì prima dell'esecuzione della sentenza per cancrena nelle carceri di Cosenza il 5 agosto 1872. La tomba di Arcangela divenne presto meta di pellegrinaggio e, per questo motivo, il suo corpo fu traslato, con il permesso del Vescovo di Tropea, nella chiesa di San Francesco dove venne anche collocata una lapide. Ancora oggi il suo sepolcro viene visitato e venerato dai longobardesi e da gente dei paesi vicini.
Sul posto del martirio, il 22 settembre 1973, fu eretta una monumentale Croce, collocata una lapide ricordo, benedetta dall'Arcivescovo di Cosenza monsignor Enea Selis. Mons. Salvatore Nunnari, Arcivescovo di Cosenza-Bisignano, ha costituito la Postulazione per la causa di Beatificazione e Canonizzazione il 18 dicembre 2006 dopo aver recepito una petizione dei fedeli di Longobardi e dei parroci del luogo. Il presule cosentino ha ottenuto il "nihil obstat"dalla Congregazione delle Cause dei Santi il 23 maggio 2007, dopo aver avuto il parere favorevole ed unimamente dalla Conferenza Episcopale Calabra il 7 febbraio 2007. L'inchiesta diocesana è stata avviata l'1 ottobre 2007 e si è conclusa Mercoledi 29 maggio alle ore 18,30 nella Cattedrale di Cosenza.